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Lino Guanciale. Intervista esclusiva

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Dal teatro al cinema, passando per le fiction TV

Il prossimo 22 febbraio inizierà su Rai 2 una nuova fiction con protagonisti Lino Guanciale e Gabriella Pession.
La porta rossa, questo il titolo della serie, sarà un’attenta fusione tra poliziesco, thriller e paranormale, elementi che incuriosiscono lo spettatore, già in attesa di scoprire questa nuova realtà targata Rai.
Per l’occasione abbiamo avuto il piacere di intervistare Lino Guanciale, con il quale abbiamo iniziato la chiacchierata ripercorrendo alcuni momenti importanti della sua carriera, abbiamo affrontato l’argomento di questo suo nuovo lavoro e, per concludere, ci ha svelato un po’ di sé.

Hai iniziato la tua carriera partendo dal teatro ed hai lavorato con personaggi del calibro di Gigi Proietti, Michele Placido, Claudio Longhi. Cosa hai imparato e cosa ti hanno lasciato questi grandi artisti?
Moltissimo, poi ho avuto la fortuna di cominciare a lavorare presto con loro perché appena uscito da scuola Gigi mi prese per “Romeo e Giulietta”, stesso discorso con Claudio Longhi, con cui ho iniziato a collaborare subito dopo “Romeo e Giulietta”.
L’incontro con Michele è arrivato un po’ dopo, ma in una fase in cui stavo completando il percorso di crescita a teatro. L’ho conosciuto per uno spettacolo teatrale, poi mi prese anche per “Vallanzasca” e oltretutto ci dobbiamo vedere in questi giorni perché ha un’altra idea in testa… Michele è vulcanico, bisogna stargli appresso!
Mi hanno dato molto, in particolare Gigi e Michele che sono due attori, ognuno con la propria specificità, di grande talento. Sono stati maestri di rapporto col pubblico, questo soprattutto Gigi, mentre Michele è un attore di intelligenza veramente rara, sa essere pittoresco quando vuole! E’ un uomo molto simpatico e da lui ho imparato quanto paghi molto di più essere rilassati in scena: Michele insegna tantissimo questo, ti insegna a prendere le cose con grande scioltezza anche quando si tratta di ruoli difficili. Con Claudio è nato un sodalizio che dura ancora oggi, soprattutto legato alla convinzione che un attore non possa più solo fare l’attore, ma che debba per forza di cose, dato il momento storico, sapersi dotare di strumenti per fare didattica, lavorare in contesti di formazione, perché c’è tutto un rapporto da rifondare con il pubblico teatrale, ma non solo. Noi che siamo un paese di grandi attori, di grandi individualità, abbiamo sofferto la mancanza di un sistema teatrale che facesse cultura vera. Da noi infatti la gente va meno a teatro rispetto a quanto non avvenga in altri Paesi come Francia, Germania, Inghilterra, Belgio, Spagna e ci vanno soprattutto i giovanissimi, perché attribuiscono un valore all’esperienza. Questa cosa in Italia si è un po’ persa. Andare nelle scuole o nelle università a fare lezione – cosa che faccio sempre – serve essenzialmente a ricostruire questo rapporto.

Lo hai nominato poco fa e mi ricollego proprio a quello… Hai recitato in alcuni film usciti al cinema come, ad esempio, “Vallanzasca” di Placido, “Meraviglioso Boccaccio” dei fratelli Taviani o “To Rome with love” di Woody Allen.
Hai riscontrato delle differenze nel modo di fare cinema all’italiana ed in quello estero? Ti piacerebbe recitare per qualche altra pellicola, magari made in USA?
Sì mi piacerebbe, perché hanno un’ottica della lavorazione molto più democratica della nostra. “To Rome with love” non è il film più riuscito di Woody Allen, ma io ho avuto la fortuna di lavorare con gli attori americani e ciò mi ha messo più a stretto contatto con questo senso di grande democraticità del lavoro. Faccio un esempio: in America è prassi che gli attori per spostarsi dai camerini al set prendano tutti lo stesso pullman, in cui salgono anche truccatori, parrucchieri ed altri tecnici. In Italia una cosa del genere è quasi sacrilega! L’attore deve stare da solo nella sua macchina, non può essere distratto. Lì invece c’è un’etica del lavoro molto più conforme a quella che piace a me. Si lavora meglio su un set dove ognuno è conscio che va a fare un pezzetto di opera e che però non è indipendente o autosufficiente, c’è bisogno per forza che ci sia un lavoro di equipe, che si lavori insieme! L’America è piena di aberrazioni, però da un punto di vista strettamente deontologico direi che abbiamo moltissimo da imparare.

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Nel tuo percorso di attore hai partecipato a numerose fiction televisive molto seguite come “L’allieva” e Che Dio ci aiuti”: preferisci recitare in teatro o davanti alla macchina da presa? Meglio quella per la TV o per il cinema?
In generale preferisco il teatro, perché il contatto diretto con il pubblico ti insegna molto e molto di più in termini di esperienza individuale. Il cinema e la televisione sono dei bellissimi giochi dove in realtà tutto è finto, ma deve sembrare vero. Il teatro è l’inverso. Deve essere tutto verissimo altrimenti la gente non crede neanche un secondo a quello che stai facendo. Fare cinema e televisione è più divertente per certi aspetti però un attore, soprattutto quando parte dal teatro come è successo è me, difficilmente lo abbandona! Io non l’ho mai lasciato e non credo lo farò mai. Lì ogni volta mi rimetto in discussione radicalmente, scopro cose nuove e poi il cinema e la TV di diverso avevano fondamentalmente i tempi di lavorazione e quindi una serie di cure maggiori per l’interpretazione, la composizione di immagini eccetera. Ora il cinema rincorre un po’ la televisione sui tempi di realizzazione, quindi questo rischia di appiattire la qualità di quello che si fa. Per fortuna veniamo da alcune annate in cui il cinema italiano ha tirato fuori dei film sorpresa, che adesso stanno facendo da traino per esperienze di frequentazione di genere diverse. Mi sembra un momento molto vitale per il cinema, ma bisogna non impastare una cosa sull’altra.

Il prossimo 22 febbraio inizierà su Rai 2 una serie piuttosto attesa dal pubblico, intitolata “La porta rossa”, in cui reciti al fianco di Gabriella Pession. Cosa puoi accennarci (o svelarci) in merito?
Devo evitare lo spoiler! (Ride) Quello che posso dire è che il protagonista è un commissario di polizia ed è morto, è un fantasma e aveva una moglie, interpretata da Gabriella Pession. E’ tutto ambientato a Trieste, valore aggiunto perché si tratta di una città bella, affascinante, misteriosa, ambigua, adatta ad ospitare una serie come “La porta rossa”, in cui convivono una mescolanza di generi perché ci sono elementi di soprannaturale, giallo, poliziesco, azione, storia d’amore, detective story. Il protagonista infatti muore all’inizio, ma rimane tra i vivi per portare avanti un’indagine dal cui esito dipende la sopravvivenza o meno della moglie. “La porta rossa” deve il titolo a questo”; una volta trapassati, l’anima si trova davanti ad una porta rossa varcata la quale si va nel mondo dei defunti. L’uomo però, mentre sta per varcare questa soglia ha una visione del futuro in cui vede sua moglie minacciata da un uomo con la pistola e decide di non avanzare. Rimane sospeso, realizza che non lo vede nessuno fin quando non incontra una ragazza di 17 anni che ha la capacità di vedere e sentire chi rimane “sospeso”. Grazie al suo aiuto riuscirà a portare avanti a fatica questa indagine. La serie è appassionante, ben fatta, l’immagine bellissima e già è stata comprata da un distributore straniero importante: questo certifica la qualità con cui è stata realizzata. All’estero vi sono degli standard di produzione ben diversi da quelli della classica tv in Italia ed il fatto che siano interessati a diffonderla oltre i nostri confini vuol dire che ne vale veramente la pena.

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Ma si ispira un po’ a “Ghost”?
Assolutamente. Ha due antecedenti importanti che sono “Ghost” e “Il sesto senso”, poi siccome la mia autostima tendeva a risentire del paragone con Patrick Swayze da un lato e Bruce Willis dall’altro mi sono dato un altro modello della serie che si intitola “River”, con protagonista un commissario chiamato John River, personaggio vivo ma che vede i fantasmi. Le due serie sono molto simili come composizione di immagini ed io pativo meno in termini di autostima perché John River lo fa Stellan Skarsgård, attore di enorme talento ma anche di enorme stazza e quindi il paragone diventa meno punitivo per me!  

Ti preferisci di più come attore comico, di film leggeri o nel ricoprire ruoli più seri ed impegnati?Per me è stata una fortuna cominciare a fare televisione facendo cose brillanti, perché se dimostri di avere quella corda lì hai più possibilità di mostrarti versatile, di convincere anche in altre vesti. Spesso non ti viene nemmeno data la possibilità di fare il percorso inverso.
Tra tutti i personaggi che ho fatto Gagliostro (il protagonista de “La porta rossa”) è il più bello, il più difficile ed il più completo. Lavorarci è stato emozionante e faticoso, anche fisicamente, ma è stata fatica ben spesa perché ripeto è la cosa più bella che io abbia fatto finora e spero che al pubblico arriverà come tale.
La cosa migliore è poter fare entrambi i generi di film, farne uno senza l’altro mi sentirei incompleto.

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Come ami passare il tuo tempo libero?Ad avercelo! (Ride) Mi piace leggere, scrivere – ma quando lo faccio comunque sto lavorando – ascolto molta musica indie italiana e new wave anni ’80 e ’90, mentre guardo poco la TV per mancanza di tempo. Quando mi capita la guardo in albergo e seguo di tutto, soprattutto le serie della TV generalista e quelle straniere. Amo camminare, cerco di spostarmi a piedi perché ho l’idea di essere libero in quei momenti.

Ci sono dei colleghi o personaggi del mondo dello spettacolo con cui ti piacerebbe lavorare in futuro?Senz’altro! C’è una generazione di attori 30 o 40enni di altissimo livello secondo me. Alcuni sono già degli amici, ad esempio Andrea Bosca, Alessandro Borghi, mi piacerebbe lavorare con Luca Marinelli, attore bravissimo, Elio Germano, Michele Riondino… Insomma sono tutti bellissimi talenti e ci sono anche diversi registi giovani e molto in gamba come Sydney Sibilia, Edoardo Leo… Spero si moltiplichino occasioni per lavorare assieme perché ci si stima molto!

Solitamente concludiamo le nostre interviste con una domanda precisa: che rapporto hai con la notte?E’ la mia dimensione naturale! Dormo pochissimo! Lavoro, studio, mi diverto… Per me è come se si facesse alba alle 10 di sera. Sono della gente della notte!

Ringraziando Lino Guanciale per la disponibilità, non ci resta che aspettare la prossima settimana per scoprire questa nuova attesissima serie televisiva!

Carlotta d’Agostino

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